
Al Campo Centrale dell’ATP Torino, il livello del tennis è altissimo… e quello del regolamento pure. Talmente alto che se arrivi con un innocente panino nello zaino, vieni trattato come se stessi cercando di introdurre fuochi d’artificio a Wimbledon.
Gli organizzatori, forse ispirati alle sacre cerimonie del tè giapponese (ma dimenticando che noi latini abbiamo fame sempre), hanno decretato il divieto assoluto di consumare cibo sugli spalti. Nemmeno i bambini in gita scolastica possono mangiare la merenda: costretti a nascondere il succo di frutta come se fosse merce di contrabbando. Una scena da romanzo distopico.
Ma il vero dramma inizia quando il pubblico, sconfitto dalla fame, decide di uscire a cercare qualcosa da mangiare fuori. E lì si scatena l’inferno logistico: code interminabili, folla inferocita e panini venduti come se fossero oro.
Il ritorno allo stadio? Peggio di un Black Friday con una sola cassa aperta. La fila per rientrare si allunga più di una partita tra Nadal e Djokovic. E quando finalmente ce la fai… tac! il match è già finito. I tuoi vicini stanno già applaudendo e l’avversario del tuo beniamino si sta facendo i selfie con la racchetta in spalla.
C’è chi propone una petizione, chi promette che il prossimo torneo lo guarderà in ciabatte, da casa, col panino in mano e la bottiglietta d’acqua a temperatura ambiente.
Morale della favola:
A Torino, se vuoi goderti il tennis… mangia prima. Perché qua, la vera sfida non è tra due tennisti… ma tra il regolamento e lo stomaco.
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